IMOLA
«Un Mondiale da record olimpico». E se a dirlo è Thomas Bach, il numero uno del Cio, ovvero il massimo organo sportivo planetario, ecco che il successo dell’edizione iridata di Imola 2020 è davvero totale. Una medaglia d’oro la merita anche il Comitato organizzatore, capace di mettere su una rassegna di questo calibro in venti giorni, rispettando tutte le misure di sicurezza date dall’attuale situazione sanitaria, e offrendo al tempo stesso un prodotto funzionale, steroides.online sostenibile e accattivante. Alcune immagini da cartolina hanno già fatto il giro del globo e non è un caso che l’Emilia Romagna sia da sempre terra del ciclismo.
L’epilogo è stato altrettanto emozionante grazie ai protagonisti sulla strada i corridori. Ieri di fenomeni in azione ne abbiamo visti parecchi durante le oltre sei ore e mezza di fatica sul durissimo percorso che si snodava dentro e fuori l’autodromo intitolato a Enzo e Dino Ferrari con le salite di Mazzolano e Gallisterna a rendere durissima la corsa. Ad accenderla è stato un coraggioso Tadej Pogacar, che ha provato un’azione d’altri tempi. «Speravamo che qualcuno gli andasse dietro, poteva essere il momento buono», ha poi ammesso il ct sloveno Andrej Hauptman a fine gara, lui che di Mondiali se ne intende visto il bronzo conquistato nel 2001 a Lisbona.
Anche se non ha portato il risultato sperato, l’azione del fresco vincitore del Tour de France ha emozionato gli appassionati e dimostrato una volta di più l’enorme talento di questo corridore. Se manterrà queste premesse, ci possiamo divertire per un altro decennio. Il suo modo di correre è quello che più piace agli appassionati: sempre all’attacco e con grande fantasia. Ci ha provato anche il nostro Vincenzo Nibali ma lo strappo di Gallisterna era troppo esplosivo per lui e così sì è dovuto accontentare del 15° posto, mentre il miglior azzurro è stato Damiano Caruso (12°). Lo Squalo messinese ha però tratto delle buone indicazioni per l’imminente Giro d’Italia (3-25 ottobre): «Era un punto interrogativo e c’erano corridori che sicuramente stavano meglio su un percorso con strappi brevi e aspri. Ho provato a muovermi, ma non c’è stata collaborazione con Van Aert, peccato perché in quell’azione non c’era Alaphilippe. Volevamo fare qualcosa in più come gruppo, ma non c’è stato spazio. In ottica Giro, le cose sono migliorate e sono fiducioso».
A prendersi l’ambita maglia iridata è stato uno dei grandi favoriti della vigilia: Julian Alaphilippe. L’asso francese della Deceunick-Quick Step ha sferrato l’attacco sulla Gallisterna ed è stato imprendibile per tutti: quasi un deja-vù dei suoi ormai celebri scatti sul Poggio alla Milano-Sanremo negli ultimi due anni. Rispetto alla classica californiamuscles.net dello scorso mese però, stavolta Van Aert non è riuscito a seguirlo e così si è dovuto accontentare di regolare il gruppetto all’inseguimento per mettersi al collo il secondo argento negli ultimi tre giorni dopo quello conquistato nella cronometro dominata da Filippo Ganna. Bronzo allo svizzero Marc Hirschi, che ha regolato al fotofinish Michal Kwiatkowski. Quinto il danese Jakob Fuglsang, anch’egli già proiettato al Giro, e sesto Primoz Roglic.
Era l’occasione d’oro e Alaphilippe l’ha colta al volo, spezzando una maledizione che durava dal 1997 per la Francia, anno del successo di Laurent Brochard a San Sebastian. «Rispetto allo scorso anno in cui mi sono trovato in classifica, ho corso il Tour de France in tutt’altra maniera – ha ammesso con indosso la maglia sognata fin da bambino -. Dopo la vittoria e la maglia gialla di Nizza, il pensiero è volato al Mondiale e ho corso con una mentalità diversa tutte le altre tappe». Una scelta che ha pagato, mentre forse Van Aert è arrivato all’appuntamento clou non al 100% e gli è mancato quell’ultimo guizzo per contrastare il francese nel momento chiave: siamo sicuri che si rifarà negli anni a venire, visto quanto dimostrato in questa stagione.
Per l’Italia il bilancio è comunque positivo. Ieri partiva da outsider e ci voleva un’impresa per inserirsi in un lotto di campioni più adatti al percorso, che doveva rispecchiare per lunghezza e dislivello quello di Aigle Martigny. A rendere memorabile questa quattro giorni iridata, oltre ai complimenti all’organizzazione, sono stati senza dubbio lo splendido lampo arcobaleno di Top Ganna nella cronometro maschile, centrando quell’oro che ci era sempre sfuggito, e la grintosa zampata di bronzo nella prova in linea femminile di Elisa Longo Borghini, stretta nella morsa delle olandesi. A proposito delle oranje, da applausi sia Van der Breggen, due trionfi in altrettante gare, sia Van Vleuten per il bronzo di sabato scorso nonostante corresse con il polso fratturato al Giro Rosa quando era al comando della generale, poi vinta dalla compagna.
Ora ci attende un autunno intenso tra classiche (mercoledì c’è già la Freccia Vallone) e Giro d’Italia: buon ciclismo a tutti.
ALBERTO DOLFIN