Il protagonista della nostra rubrica settimanale è il nostro giovane collaboratore Dario Baldi che ci racconta 4 “Storie da Giro”
Un’altra settimana di Giro sta arrivando al termine, la quindicesima tappa Marostica-Madonna di Campiglio porterà al secondo giorno di riposo di questa corsa Rosa. Vedremo se porterà qualche scossone in classifica generale, ma non è il momento di parlare dei soliti noti. Oltre ai vincitori di tappa; alla maglia rosa; alle braccia alzate; agli spumanti stappati dentro al Giro d’Italia ci sono tante storie che spesso gli obbiettivi delle telecamere tralasciano o considerano poco. Le cinque tappe corse in questa terza settimana di Maggio hanno fatto vedere i veri valori di questo sport. L’amicizia, la generosità, l’agonismo e la passione, che pur essendo corridori professionisti, questi campioni hanno ancora.
Ma andiamo con ordine. Martedi 19 Maggio. Si corre la Civitanova Marche-Forlì, tappa per ruote veloci sulla carta. Ecco come spesso accade il “sulla carta” viene smentito. Fin dal mattino parte una fuga. Cinque italiani. Oscar Gatto, Alessandro Malaguti, Nicola Boem, Alan Marangoni, Matteo Busato. Dopo aver lottato d’amore e d’accordo contro la risalita del gruppo, si accorgono di poter arrivare all’arrivo. Ecco arrivare all’arrivo. C’è da arrivarci. Oscar Gatto fora, restano in quattro. Alan Marangoni, che corre a due passi da casa, scatta e prova l’allungo. In qualche maniera viene ripreso. Siamo ai trecento metri. Boem parte. Marangoni duella con l’amico Malaguti, forlivese doc, della Nippo-Fantini. Si ostacolano l’un l’altro. Il corridore della Bardiani-Csf gioisce braccia al cielo. Dietro invece non c’è proprio aria di festa. Alessandro Malaguti si accascia al suolo. Viene intervistato in direttissima e non riesce proprio a trattenere le lacrime. Una immagine d’altri tempi. Un fotogramma di uno sport ancora ricco di romanticismo. Di uno sport pieno di passione anche a questi livelli. Chissà cosa sarà passato a Malaguti in testa in quel momento. Non avrà vinto sulla strada, ma moralmente sì. Dopo la bagarre il ciclismo ha mostrato quanto possa essere qualcosa da uomini veri dentro. E non da uomini che cercano solo i soldi. Alessandro Malaguti e Alan Marangoni sono amici. Da tempo. Sì un po’ la rabbia, interiore, esteriore, quella dei sostenitori reciproci. Cioè, si corre a due passi da casa, sai che gioia vincere davanti agli occhi degli amici. Ma poi passa tutto. E torna l’unione.
Stessa tappa. Il gruppo della maglia rosa è intorno ai meno cinque. Uno dei quattro assi, Porte, fora. Caos totale. I compagni si fermano. Ma non solo loro. C’è anche Simon Clarke, corridore australiano, già maglia rosa in questo giro, della Orica Greenedge. Mette piede a terra; stacca la sua ruota e la passa all’amico e connazionale. Un gesto incredibile. Qualcosa che ricorderanno tutti nel tempo. Un po’ come il passaggio della borraccia tra (ma poi chi l’ha passata la borraccia?). Se lo ricorderà bene anche Richie Porte che con questo fatto si è beccato due minuti di penalità in classifica generale poiché il regolamento non prevede cambi di bici o componenti di essa da corridori di altre squadre. Tralasciando quanto successo al termine, il passaggio della ruota, dimostra quanto rispetto e quali valori ci siano all’interno dell’intero gruppo.
La Carovana risale la penisola ed arriva in Veneto. La tredicesima tappa, la Montecchio Maggiore-Jesolo, è segnata dai velocisti come appuntamento da non tralasciare. Centoquarantasette chilometri dritti come un tavolo da biliardo. Dai meno dieci all’arrivo la Trek inizia a lavorare per Giacomo Nizzolo, giovane velocista desideroso di vincere. Il testa a testa con gli altri treni inizia. Ma in testa c’è Marco Coledan. Che lavoro che fa. Si scambia con Eugenio Alafaci. Fanno i turni e portano Nizzolo in ottima posizione. Il ciclista lombardo si sfila. E qui succede quello che non si augura a nessuno. Mancano tre chilometri e trecento metri. Ryder Hesjedal, urta il cordolo e innesca una caduta. Alafaci è dietro e non può riuscire ad evitarla. E’ a terra. Dopo qualche minuto, si rialza e riparte. Arriva a Jesolo per ultimo, con 7:09 di ritardo. Stoico. Coraggioso. A denti stretti lotta. Ma arriva. Poco importa della posizione, perchè contro tutti i pronostici degli addetti ai lavori il Sabato mattina riparte. Eugenio Alafaci fa la cronometro. Ecco, anche questa è una immagine di un ciclismo d’altri tempi. Il dolore è venuto meno alla passione e alla voglia di onorare il Giro. Che poi per un atleta italiano è ancora più forte. Questo è un esempio di quanto questi ragazzi, seppur fatti di carne e di ossa, siano dei veri e propri gladiatori, che, una volta nell’arena difficilmente si sottraggono alla lotta.
La stessa caduta di cui sopra, ha fatto cadere anche gli uomini di alta classifica. Tra tutti Alberto Contador. Ebbene sì. La maglia rosa è a terra. Groviglio di gambe e biciclette. Lo spagnolo si rialza, con lo sguardo cerca un compagno. Eccolo lì. C’è Tosatto. Il quarantunenne veneto, sempre fedele scudiero dei capitani che gli si sono susseguiti nel corso degli anni, passa in corsa la bici ad Alberto Contador. Questi riparte e in tutta velocità cerca di andare verso l’arrivo. Ma non è di Alberto Contador che c’è da parlare. Anzi, tutti parlano della Maglia Rosa ma pochi di Matteo Tosatto. Infatti, il Toso, ha dato un esempio oltre ai compagni di gruppo quanto alle giovani leve. Per il capitano si fa tutto. Una mossa che ha tenuto in gioco Alberto Contador nei giochi. Perchè se non ci fosse stato questo scambio, aspettare l’ammiraglia con un’ altra bici avrebbe fatto perdere tanti minuti all’attuale maglia rosa. Così come è avvenuto per Richie Porte, che colpito dalla sfortuna è ricaduto e rimasto senza compagni ha preso dopo qualche minuto la bici di Vasilij Kiryenka.
Quattro storie incredibili. Un Giro D’Italia che si dimostra sempre più la corsa più bella del mondo. Adesso, si prospettano davanti sette tappe, che sicuramente racconteranno altre storie che noi di Ciclismo Oggi vi racconteremo.
Dario Baldi