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Viviani da record

Viviani da record

19 Ottobre 2022

La corsa a Eliminazione è ideale per spiegare il ciclismo ai bambini: a ogni giro di pista viene eliminato chi passa ultimo sulla linea bianca. L’ultimo a rimanere in gara vince. Un autoscontro tipo giostre dove si gira a 60 all’ora, si sgomita, si impreca e ogni tanto ci si sfracella contro la balaustra. La finale mondiale di ieri a Saint-Quentin-en-Yvelines è da manuale. Perché Sant’Elia Viviani da Verona, padre spirituale del ciclismo azzurro, ha vinto il secondo titolo di fila con una gara perfetta. Pronti, via, tensione alle stelle per le intemperanze di certi giovani kamikaze. Elia è subito scaraventato a terra: gara neutralizzata fino a quando (e se) chi è caduto rientra.

Viviani si rialza, la bici però non funziona e lui si ferma a cambiarla. Pochi giri, altro botto: Viviani di nuovo giù, col polpaccio ferito. Riparte, la bici scricchiola ma lui capisce che se si ferma è perduto. Allora trasforma la frustrazione in rabbia, mette l’occhio in modalità feroce e resta sempre avanti, largo rispetto alla corda per scoraggiare ogni attacco. Giro dopo giro, il gruppo si riduce. A quattro sprint dalla fine Elia stacca prima l’israeliano Tene, poi il belga Hesters. A due aggancia la ruota del kiwi Strong per staccare l’inglese Vernon. E nell’ultima tornata anticipa lo sprint del neozelandese e vince per distacco. Sceso di bici (il naso luccicante di sudore, gli occhi di nuovo buoni e umidi per l’emozione) Viviani spiega di «uscire da una stagione su strada brutta, con tre sole vittorie di secondo piano. Quando indosso la maglia azzurra, però, voglio onorarla a tutti i costi». In pista e alla balaustra, dove da capitano ha seguito e tifato tutte le gare di un Mondiale trionfale per gli azzurri: 4 ori, tre argenti.

CDS

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